Phygital learning: perché la scuola non deve scegliere tra tradizione e digitale
Nicola Simoncelli
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Tutti noi viviamo una vita phygital : entriamo e usciamo continuamente dall’ambiente digitale, alternando esperienze reali e virtuali. È la condizione che sperimentiamo ogni giorno, da adulti, ed è a questo che dobbiamo preparare bambini e ragazzi per il loro futuro. Considerando che il digitale sarà sempre più presente nelle nostre vite, il compito della scuola non è scegliere tra analogico e digitale, ma offrire solide basi di realtà e guidare a un uso consapevole della tecnologia come strumento di supporto. È questa la vera sfida della didattica phygital: unire tradizione e innovazione.
La scuola, infatti, deve garantire che i ragazzi non perdano la connessione tra corpo e mente, valorizzando la dimensione fisica del fare, intesa come processo creativo che intreccia aspetti cognitivi e motori nell’apprendimento. Ed è proprio in questa direzione che i nuovi strumenti digitali possono offrire opportunità preziose per una educazione innovativa e più inclusiva.
Eppure, esiste ancora una contrapposizione: c’è chi considera la tecnologia un ostacolo alla scuola tradizionale e chi, al contrario, propone modelli didattici completamente digitalizzati. Questa dicotomia nasce spesso da paure e semplificazioni: da un lato si teme che il digitale impoverisca le competenze fondamentali, dall’altro si pensa che basti introdurre tablet o software per rendere automaticamente innovativa la didattica.
In entrambi i casi, si rischia di trascurare la vera essenza dell’educazione: la costruzione condivisa della conoscenza, che nasce dalle relazioni – tra persone, idee, processi cognitivi e contesti culturali – e si arricchisce degli strumenti di mediazione che ne potenziano il valore. Che si tratti di libri o applicazioni, ciò che davvero conta sono le connessioni che si creano all’interno di una didattica orientata non alla semplice trasmissione di nozioni, ma a un percorso creativo, collaborativo e inclusivo.
La scuola digitale, quindi, non deve essere vista come un nemico della tradizione. Al contrario, può diventare un alleato prezioso perché:
sviluppa competenze chiave per il futuro;
favorisce l’inclusione scolastica di studenti con bisogni educativi speciali;
stimola la motivazione grazie a metodologie innovative come la gamification e il game-based learning.
Al tempo stesso, un uso eccessivo o non guidato degli strumenti digitali può portare a isolamento, distrazione e dipendenza, se non radicato in un contesto di esperienze reali e condivise.
La vera questione non è quindi “scegliere”, ma trovare un equilibrio tra tradizione e tecnologia. Questo significa proporre esperienze didattiche phygital in cui analogico e digitale si completano, ad esempio:
un laboratorio scientifico in cui gli studenti sperimentano concretamente e poi registrano dati e osservazioni con strumenti digitali;
un progetto di storytelling in cui i bambini disegnano personaggi su carta e li animano con applicazioni educative;
un lavoro di gruppo in cui la discussione in classe si intreccia con l’uso di lavagne digitali per approfondimenti o presentazioni.
Queste pratiche dimostrano che il digitale può potenziare il fare e il condividere, senza sostituirsi alla relazione educativa. In questo modo la scuola diventa un vero ambiente phygital : uno spazio in cui si impara a muoversi tra esperienze reali e strumenti tecnologici con consapevolezza, creatività e senso critico.
Risolta la contrapposizione tra tradizionale e digitale, la vera sfida sarà sviluppare percorsi didattici mirati e ibridi, capaci di fondere in maniera armonica queste due dimensioni. L’obiettivo è dare vita a una didattica nuova, più inclusiva e aderente alla realtà dei nostri tempi, in cui la sperimentazione sia al centro e gli insegnanti tornino a essere protagonisti attivi: chiamati a contribuire con la propria esperienza diretta alla ricerca educativa, ad accogliere con apertura la formazione continua e a partecipare a tavoli di confronto con realtà affini, per una crescita condivisa.
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